Presentazione

Quattro incontri, quattro miti fondanti, immagini archetipiche che arrivano da lontano, delle quali il nostro inconscio collettivo ci racconta ancora prima di conoscerle. Conosceremo (riconosceremo in noi) il dio Anansi (Ashanti), dispettoso, furbo e innamorato degli esseri umani; il mito della luna (Camerun, Nigeria), così potente nella sua apparente semplicità; l’eroe mitico Doondari (Africa occidentale), creatore degli elementi e alla perenne ricerca dell’equilibrio tra essi; il grande Murungu (Africa orientale), dio creatore o la “forza creatrice”, da più di 6.000 anni profondamente radicato nell’anima di tutti gli uomini e donne delle più diverse culture del mondo.

Perché raccontare miti africani?

l’Africa è un grande continente dal quale tutti abbiamo origine. Se la cultura è anche aprirsi all’ignoto per poterlo conoscere e pensare, allora i miti africani servono a noi europei per un confronto che ancora non è stato fatto.
Possiamo così scoprire per esempio la diversità del linguaggio, ma anche il modo molto simile di costruire e usare i simboli, e soprattutto possiamo renderci conto che stiamo parlando delle stesse cose; come se i miti – al di là dello spazio e del tempo – si parlassero fra loro e rendessero conto di una umanità indivisibile.

In tempi molto lontani ci siamo fatti tutti le stesse domande: cosa vuol dire essere libero, per esempio, e quanto costa? Quali i beni irrinunciabili, e quali effimeri? Cosa vuol dire amare? Che senso do alla mia vita? E anche: è giusto inseguire i nostri sogni? Fino a dove? E quali differenze nelle risposte e quali impressionanti analogie, in questo inconsapevole dialogo a distanza.

Nei miti per esempio, raccontiamo i passaggi delle nostre vite: è ora di lasciare la casa del padre, di fronte all’avventura siamo soli, di fronte all’amore siamo inermi. Il padre, l’avventura e l’amore si vivono in modi diversi, ma tutti li abbiamo incontrati.

Diverse culture, diverse prospettive. Le stesse domande: l’umanità è una.

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